Spread oggi: cos’è e come interpretarlo
Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito all’ascesa della fama dello spread, un parametro tecnico-finanziario, che si riferisce al differenziale tra il rendimento dei Bund tedeschi e dei Btp italiani a 10 anni. Questo strumento, totalmente sconosciuto fino a qualche anno fa, è più volte stato oggetto di critiche e aspre polemiche. Tuttavia viene utilizzato dagli analisti per determinare l’affidabilità di un paese, in particolare la sua capacità di rimborsare il debito contratto, perciò è necessario capirne il funzionamento, per assegnargli la giusta importanza e capire come interpretare oggi lo spread.
Cos’è e come funziona lo spread
Lo spread è un parametro finanziario, un differenziale tra il rendimento dei Bund tedeschi, i titoli obbligazionari di Stato della Germania e i Btp italiani, i titoli di Stato dell’Italia, con un orizzonte temporale di 10 anni. Viene misurato in punti base, secondo un rapporto che vede per ogni 100 punti base un punto percentuale, quindi a cada 100 punti di spread corrisponde un 1% di differenza, tra i Bund tedeschi e i Btp italiani.
Dei titoli di Stato italiani abbiamo già ampiamente parlato in un’altra guida specifica, dove abbiamo mostrato quali tipologie esistono, come acquistare Btp e altri titoli di debito italiani, con alcune considerazioni di analisi finanziaria. I Bund tedeschi, seppur con alcune differenze strumentali, sono simili ai titoli del nostro Paese. Si tratta infatti di titoli di debito, che la Germania emette e vende sul mercato primario, per finanziare gli investimenti nell’economia del Paese.
Perché lo spread viene utilizzato per monitorare lo stato di salute dell’economia italiana?
Gli analisti finanziari, quando devono effettuare monitoraggi delle economie dei vari paesi, utilizzano dei parametri di riferimento, scelti in base ad alcuni criteri specifici, a seconda di quali sono gli obiettivi di ricerca, i fattori che si vogliono studiare e il risultato che si cerca di ottenere. In ambito finanziario e macroeconomico viene spesso usato lo spread, mettendo in relazione la salute dell’economia italiana in relazione a quella tedesca.
Perché ciò avviene? La risposta è da ricercare nella forza dell’economia tedesca, il primo paese europeo per quanto riguarda PIL e prestazioni economico-finanziarie. Per questo motivo viene misurato lo stato dell’economia italiana mettendolo in relazione con quella tedesca, per vedere in maniera generale quali siano le prestazioni dell’Italia, in quel momento specifico, in rapporto alle performance finanziarie della Germania.
In poche parole, se la lo Stato tedesco paga l’1% per finanziarsi, perciò è in grado di reperire investimenti sui mercati e pagare l’1% di interessi, se l’Italia ha uno spread di 300 punti base significa che paga il 3% di interessi in più rispetto alla Germania, segno per esempio della sfiducia degli investitori, della mancanza di riforme, di una situazione economica in calo o stagnazione, oppure di problemi sistemici di medio e lungo periodo.
Quali sono le critiche rispetto all’utilizzo dello spread come parametro economico-finanziario?
Lo spread è stato più volte criticato, poiché molti analisti ed economisti affermano che si tratti di un parametro non così importante, che non giustifica la continua esposizione di tale valore sui media e giornali nazionali. Al contrario, secondo molti esperti del settore, dovrebbe essere utilizzato marginalmente, affiancato da parametri ben più rilevanti per determinare la salute di una economia nazionale, come il tasso di occupazione, la produttività, gli obiettivi di lungo periodo e molti altri ancora.
Il rischio è quello di rincorrere lo spread, ovvero incentrare le politiche economiche di una nazione su un valore tecnico, che non prende in considerazioni molti altri aspetti essenziali di uno paese. Ciò significa che uno spread di 400 punti base non dovrebbe essere eccessivamente allarmante, se ad esempio un paese sta effettuando pesanti investimenti in ricerca, sviluppo, sostegno alle imprese, politiche sociali, ambientali ed energetiche, lotta alla disoccupazione e innovazione tecnologica.
Al contrario, se un paese paga interessi molto alti per finanziarsi, ma è privo di strategie e politiche economiche per il futuro, allora lo spread può indicare agli investitori la pericolosità di tale operazione, poiché lo stato potrebbe avere serie difficoltà a ripagare il debito contratto. Le critiche allo spread coinvolgono spesso anche il ruolo della BCE, una banca centrale di fatto privata, limitata nelle sue funzioni e non in grado di assicurare la piena occupazione dei paesi della UE, ma soltanto la stabilità dei prezzi.
Come interpretare oggi lo spread
Uno degli aspetti più complessi, intorno all’argomento spread, è stabilire come relazionarsi in merito a questo parametro, divenuto famoso al grande pubblico a partire dal 2008, dopo la crisi mondiale della famosa banca d’investimento Lehman Brothers, con il conseguente tracollo delle economie di mezzo mondo e in particolare della Grecia. Il valore attuale dello spread è di 273 punti base, ovvero sui titoli decennali l’Italia paga il 2,73% in più di interessi rispetto alla Germania.
L’andamento dello spread sta seguendo negli ultimi mesi un movimento altalenante, con alti e bassi considerevoli a partire da maggio del 2018, quando si trovava stabilmente sotto quota 130 punti base. Da quel momento in poi l’evoluzione è stata repentina, fino ad arrivare a 326 punti base di novembre 2018, per poi scendere nuovamente fino al minimo del 2019, 233 punti base, sempre mantenendo alti e bassi piuttosto bruschi e improvvisi.
Secondo molti analisti ed esperti del settore, lo spread è e rimane oggi un parametro importante per gli investitori finanziari, che lo utilizzano insieme ad altri valori e strumenti per determinare l’affidabilità di un paese, in un arco temporale di medio e lungo periodo. Ciò che invece sembra anacronistico è incentrare le politiche economiche di un paese sullo spread, poiché tale parametro non è in grado di mostrare la reale e complessiva situazione di uno Stato.
Ad esempio, basti pensare che la maggior parte dei ricavi incassati con il collocamento di titoli di Stato italiani, specialmente quelli a breve termine, serve per ripagare gli interessi sul debito, non gli investimenti e i finanziamenti delle politiche economiche e sociali. Inoltre lo spread è facile preda delle speculazioni finanziarie, degli interessi internazionali, delle manovre delle grandi banche d’investimento e dei fondi stranieri, perciò non sempre rispecchia il reale valore di un’economia nazionale, ma soltanto il parere degli analisti in merito alle prospettive di lungo termine di quel paese.
Ciò evidenzia una grande problematica dello spread oggi, la presenza e la rilevanza del settore finanziario su quello economico e politico. Se da un lato è opportuno mantenere un’economia nazionale efficiente, con i conti in ordine come si dice spesso, dall’altra uno stato non è una famiglia o un’impresa, perciò non può essere gestito e analizzato come tale. Un paese ha bisogno del debito, per finanziarie investimenti in ricerca, innovazione, sviluppo, nuove tecnologie, sostegno alle famiglie, alle aziende, alle politiche sociali, le pensioni e così via.
Tuttavia il debito deve essere gestito a proprio vantaggio, non contro gli interessi nazionali e sociali, utilizzando strumenti alternativi come la svalutazione e le politiche monetarie delle banca centrale per rendere più sostenibile l’esposizione finanziaria. Per concludere lo spread oggi è un parametro ancora molto in auge, ma sempre meno affidabile per valutazioni di tipo macro e micro-economiche. Allo stesso tempo ,il problema degli interessi sui titoli di Stato si risolverà soltanto con un processo evolutivo europeo, che dovrà necessariamente portare alla creazione di una vera banca centrale europea, oppure alla completa disgregazione della UE e il ritorno agli stati nazionali indipendenti, seppur in un regime commerciale e sociale europeo agevolato e integrato.