Aliquota IVA: che differenza c’è tra quella ordinaria e quella ridotta? Come calcolarle?
L’IVA è sicuramente una delle imposte più conosciute in Italia: si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate entro i confini dello Stato e sulle importazioni. Il calcolo dell’importo dovuto è abbastanza semplice, visto che basta applicare la corretta aliquota sul prezzo netto del bene o del servizio in questione. Ma l’aliquota IVA può essere ordinaria e ridotta: vediamo quali sono le differenze e in quali casi si applica l’una ed in quali casi si applica l’altra.
Su cosa si applica l’imposta sul valore aggiunto
L’imposta sul valore aggiunto si calcola sulle cessione di beni e sulle prestazioni di servizi effettuate in Italia nell’esercizio di imprese, arti o professioni, ma anche sulle importazioni, a prescindere da chi le effettua. L’impresa che cede il bene o presta il servizio è obbligata ad addebitare l’imposta al suo cliente, ma poi dovrà versarla all’erario (detraendo l’eventuale IVA pagata ai suoi fornitori) con una liquidazione che può avere cadenza mensile oppure trimestrale. La somma delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che vengono effettuate nell’arco di un anno da un’impresa o un professionista viene definita anche volume d’affari: la maggior parte delle operazioni che fanno parte del volume d’affari sono imponibili IVA, ma possono esserci anche operazioni non imponibili ed operazioni esenti. Ovviamente, l’IVA è dovuto solo sulle operazioni imponibili: l’aliquota IVA da applicare dipende dal tipo di operazione.
Aliquota IVA ordinaria, ridotta e minima: percentuali ed esempi di calcolo
In Italia l’aliquota ordinaria è pari al 22%: è quella più diffusa, ma non è l’unica aliquota presente nel nostro Paese. Per alcune categorie di prodotti e servizi, infatti, sono previste percentuali differenti. Si parla infatti di:
- aliquota minima (attualmente è pari al 4%), che viene applicata sui prodotti di primaria importanza, quindi sugli alimentari, sulle bevande e sui prodotti agricoli, ma anche su giornali e libri. Per alcuni alimenti è prevista un’aliquota del 5%;
- aliquota ridotta (attualmente pari al 10%), che è quella che si applica sulla fornitura di energia elettrica e gas per uso domestico, sui medicinali, sui prodotti ed i servizi del settore turistico e, in alcuni casi, sugli interventi di recupero del patrimonio edilizio.
Facciamo qualche semplice esempio: i formaggi rientrano nella categoria dei beni sottoposti all’aliquota IVA minima: questo significa che se noi alla cassa paghiamo 1,50 euro per un etto di formaggio, il prezzo netto ammonta circa a 1,44 euro, mentre l’IVA corrisponde a più o meno 6 centesimi. I farmaci sono sottoposti all’aliquota ridotta: quindi quando compriamo una confezione di aspirina a 8,60 euro, il prezzo netto ammonta a 7,82 euro, mentre l’IVA è pari a 78 centesimi. Su tutte le tipologie di beni e servizi che non rientrano in quelli indicati per l’aliquota minima o ridotta si applica l’aliquota IVA ordinaria; quindi, se spendiamo 180 euro per comprare un mobile, il prezzo netto è pari a 147,54 euro, mentre l’IVA ammonta a 32,46 euro.