Contratto a Progetto: come funziona e cosa prevede la normativa
Nel corso degli ultimi anni la normativa relativa al lavoro ha subito delle importanti modifiche; le novità hanno riguardato anche il contratto a progetto. Per tantissimo tempo questa forma contrattuale è stata l’unica applicata per i cosiddetti rapporti di lavoro parasubordinato. Vediamo quando è possibile stipulare contratti di questo genere e come funzionano.
Cos’è e a cosa serve il contratto a progetto
L’entrata in vigore del Jobs Act ha portato tantissime novità: tra queste c’è anche l’impossibilità di siglare nuovi contratti a progetto. In realtà questa regola non vale sempre, visto che la legge stessa prevede delle eccezioni: i contatti a progetto possono ancora essere stipulati da particolare figure professionali oppure in determinati ambiti lavorativi. Ma per capire come funziona oggi questo contratto è necessario fare un piccolo passo indietro.
Il contratto a progetto nasce nel 2003 per ridurre l’abuso ai rapporti di collaborazione coordinata continuativa (i ifamosi co.co.co, che esistono ancora), troppo spesso utilizzati per mascherare rapporti di lavoro tutt’altro che autonomi. Il contratto a progetto doveva esser stipulato per iscritto e doveva contenere diversi elementi: la durata, il progetto, il corrispettivo ei criteri per la sua definizione, i tempi e le modalità di pagamento, le misure di tutela del collaboratore, le forme di coordinamento tra il lavoratore e il committente (che non potevano comunque minare l’autonomia).
Pochi anni dopo si è dovuti intervenire per frenare l’utilizzo eccessivo ed improprio anche di questo contratto. Con la legge Fornero venne stabilito che per dare luogo ad una collaborazione a progetto (provata per iscritto) doveva esserci un progetto ben specifico ed indicato dal committente; questo progetto però non poteva essere una semplice riproposizione dell’oggetto sociale del committente o comportare l’esecuzione da parte del collaboratore di compiti solamente esecutivi o ripetitivi (come quelli individuati nei contratti collettivi).
Il contratto doveva quindi indicare l’indicazione del risultato finale che si intendeva raggiungere tramite la realizzazione di quel progetto, descrivere l’autonomia del collaboratore nell’ambito della gestione del progetto stesso, illustrare la sua attività, la durata, le forme di coordinamento tra le parti e le misure di tutela della sicurezza e della salute del collaboratore. Ulteriori modifiche sono arrivate con il decreto Letta, ma la vera rivoluzione c’è stata nel 2015, con l’entrata in vigore del Jobs Act.
Le novità del Jobs Act: quando è possibile stipulare il contratto e obblighi del committente
Dal 25 giugno di quell’anno non è stato più possibile fare nuovi contratti a progetto, anche se ci sono alcune eccezioni. Si può ricorrere ancora a quella forma contrattuale in determinati settori, come quello della ricerca o quello delle telecomunicazioni call center, o quando coinvolgono determinati soggetti, come i liberi professionisti iscritti ad un albo, gli amministratori, i sindaci e i revisori. Tanti cambiamenti hanno portato a tanta confusione, così il Ministero del Lavoro, dopo l’introduzione del Jobs Act ha dovuto fare dei chiarimenti, spiegando in quali casi si può parlare di collaborazioni coordinate continuative e in quali casi si rientra nelle collaborazioni non genuine, a cui deve essere applicata la disciplina del lavoro subordinato.
Riassumendo, oggi il contratto a progetto può essere stipulato solo in determinati casi:
- se la loro stipulazione è supportata da accordi inseriti nel CCNL di settore;
- se stipulato con un libero professionista iscritto all’albo;
- se stipulato con un sindaco o un amministratore di una società oppure con partecipanti a commissioni e collegi;
- se stipulato da un’associazione o una società sportiva dilettantistica.
Il committente che si avvale di un collaboratore con questo contratto deve rispettare una serie di adempimenti. Devi inviare al centro per l’impiego il modello Unilav con la comunicazione di avvio della collaborazione; deve iscrivere il collaboratore bel Libro Unico del Lavoro; deve redigere il cedolino paga quando corrisponde il compenso; nel cedolino vengono trattenuti i contributi Inps ed Inail e le ritenute fiscali; deve versare entro il 16 del mese successivo le imposte e la contribuzione previdenziale; entro l’ultimo giorno del mese dopo quello di pagamento deve inviare la dichiarazione mensile Inps Unimens; entro il 7 marzo dell’anno successivo l pagamento dei compensi deve inviare all’Agenzia delle Entrate la Certificazione Unica; deve procedere con l’autoliquidazione Inail, deve presentare il modello 770 per la dichiarazione come sostituto di imposta.