Voucher: sono una buona soluzione per il lavoro occasionale?
I voucher hanno una lunga storia: anche se se n’è sentito parlare spesso solo negli ultimi anni, nel corso del tempo questo strumento nato per regolarizzare il lavoro occasionale e contrastare il lavoro nero ha subito diverse modifiche. La versione attuale dei buoni prevede una distinzione in base al datore di lavoro (se è un privato deve utilizzare il Libretto di Famiglia, se invece è un’impresa o un professionista deve ricorrere al Contratto di Prestazione Occasionale), ma sono ancora molte le persone che si chiedono se i voucher possono rappresentare davvero una buona soluzione per il lavoro occasionale.
L’utilità dei voucher e la loro evoluzione
La vera esplosione dei voucher lavoro c’è stata nel 2012, quando il loro utilizzo venne liberalizzato: praticamente ogni tipo di impresa poteva acquistarli per pagare i suoi lavoratori. In questo modo si è creato un sistema che per molti era esageratamente flessibile, terreno fertile per abusi di diverso tipo: alcune imprese hanno utilizzato i buoni lavoro per retribuire impieghi che in realtà non erano occasionali. Da arma di contrasto al sommerso i voucher in pratica si erano trasformati in strumenti a favore dell’evasione e a danno dei lavoratori occasionali, destinati a rimanere nel precariato. La drastica riduzione del ricorso al buono lavoro dopo l’introduzione della tracciabilità ha di fatto confermato che l’uso che se ne faceva non era proprio in linea con quello che era l’obiettivo iniziale.
Dopo essere stati ritirati a marzo del 2017, i voucher lavoro sono stati rilanciati pochi mesi dopo in una nuova formula: per i datori di lavoro come imprese, lavoratori autonomi, professionisti, fondazioni e pubbliche amministrazioni c’è il Contratto di Prestazione Occasionale; ogni prestatore non può ricevere compensi complessivi superiori ai 5.000 euro (2.500 euro è il tetto massimo per le prestazioni offerte ad un unico utilizzatore); il compenso giornaliero non può essere inferiore ai 36 euro, mentre quello orario non può andare sotto i 9 euro. Gli oneri a carico dell’utilizzatore sono la contribuzione alla Gestione Separata (33%) e l’assicurazione Inail (3,5%). I voucher di questo tipo non possono essere utilizzati dai datori di lavoro che nel corso dell’anno precedente hanno occupato in media più di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminato.
Il Libretto Famiglia è invece un libretto nominativo prefinanziato che contiene titoli di pagamento dal valore nominale di 10 euro, con cui le persone fisiche (ovvero coloro che non esercitano attività d’impresa o professionale) possono pagare attività lavorative della durata massima di un’ora. Anche per chi viene pagato con questi voucher ci sono i limiti che abbiamo visto prima (5.000 euro complessivi, 2.500 massimo da un solo utilizzatore). Le attività che possono essere retribuite con il Libretto Famiglia rientrano in tre categorie: piccoli lavori domestici (manutenzione, giardinaggio, pulizie), assistenza domiciliare a bambini, anziani o persone malate e insegnamento privato supplementare.
I buoni lavoro sono una buona soluzione per chi offre lavoro occasionale?
Per il lavoratore essere pagato con i voucher significa avere l’assicurazione contro gli infortuni e garantirsi il versamento dei contributi previdenziali; inoltre ha diritto alle pause in settimana e al riposo giornaliero. Sembrerebbe quindi tutto positivo, ma bisogna anche ricordarsi dei limiti stabiliti dalle norme: basta fare un paio di calcoli per capire che chi viene pagato con i buoni lavoro non può lavorare più di 280 ore in un anno e comunque non può guadagnare più di 5.000 euro (massimo 2.500 dallo stesso datore di lavoro). I redditi non sono tassati ai fini Irpef e non modificano l’eventuale status di disoccupato, ma i tetti massimi fissati dalla legge a molte persone possono sembrare un po’ troppo bassi. Per chi invece 5.000 euro rappresentano un reddito sufficiente, i voucher possono rappresentare senza dubbio un’ottima soluzione per il proprio lavoro occasionale.